

” [1] Studio 1/2023 DI del Consiglio Nazionale del Notariato “Eredità Digitale: inquadramento generale” a cura di Diego Apostolo.”
Identità personale | L’insieme delle caratteristiche uniche che definiscono una persona fisica (nome, età, storia personale, ecc.) |
Identità digitale | La proiezione dell’identità personale nel mondo digitale. Essa comprende account di posta elettronica, profili social, account finanziari online, dati archiviati sul cloud e ogni altra rappresentazione digitale riconducibile all’individuo |
Eredità digitale | La sorte dell’Identità digitale dopo il decesso di un individuo. Essa comprende sia il patrimonio economico di beni digitali, sia altri elementi quali i diritti della personalità, ricordi e comunicazioni private |
Digital Assets![]() | Comprendono beni di natura economica, fra i quali: - Wallet di criptovalute o investimenti digitali - Account finanziari (trading online, home banking) - Contenuti digitali acquistati (eBook, musica, film) - Domini web e siti di proprietà - Abbonamenti a riviste e servizi digitali |
Diritti della personalità | Comprendono elementi non economici ma che possono avere valore affettivo e simbolico, fra i quali: - Archivi fotografici e video - Comunicazioni private (e-mail, chat) - Contenuti pubblicati su piattaforme social o blog |
” [2] Ad esempio, in passato Yahoo! prevedeva la cancellazione automatica dell’account al decesso.”
Tipologia | Esempi |
Account email e comunicazione | Gmail, Outlook, Aruba, Yahoo |
Comunicazione | WhatsApp, Telegram |
Profili social e blog | Facebook, Instagram, LinkedIn, TikTok |
File digitali personali | Foto, documenti, video, cloud backup |
Account finanziari online | Home banking, PayPal, Trading |
Criptovalute e NFT![]() | Wallet digitali, chiavi private |
Contenuti digitali acquistati | eBook, musica, film |
Account professionali e strumenti di lavoro online | Google Workspace, Dropbox, software gestionali, repository di codice |
Siti web e domini![]() |
Password e credenziali sconosciute | La difficoltà più immediata è accedere ai dispositivi o account del defunto. Se la persona non ha condiviso in vita le proprie password (come normalmente accade), dopo la morte i suoi cari potrebbero non avere modo di sbloccare lo smartphone, entrare nel computer o fare login nei vari servizi online. Strumenti di sicurezza come l’autenticazione a due fattori (2FA) complicano ulteriormente l’accesso, perché anche conoscendo una password potrebbe essere necessario un codice inviato sul telefono del defunto (telefono magari bloccato a sua volta). Un caso emblematico spesso citato è quello di un programmatore che aveva una fortuna in Bitcoin su un hard disk cifrato e ha dimenticato la password. |
Chiusura degli account e perdita dei dati | Molti servizi online, una volta informati del decesso di un utente, procedono alla chiusura o cancellazione dell’account per motivi legali e di policy. Ciò può portare alla perdita definitiva di dati (email, foto, documenti) se prima non sono stati recuperati. Anche senza intervento attivo, un account abbandonato può essere cancellato dopo un periodo di inattività prolungata (alcuni servizi, come Google, considerano inattivo un account dopo 18 mesi e potrebbero eliminarne i contenuti dopo tale periodo se l’utente non ha configurato alternative). |
Tutela della privacy e dei segreti anche dopo la morte![]() | Esiste un fondato dibattito su quale sia il confine tra rispetto della volontà/riservatezza del defunto e diritti degli eredi. Da un lato, gli eredi invocano il bisogno di accedere ai dati per ragioni affettive (ricordi) o pratiche (chiudere conti, recuperare informazioni finanziarie, ecc.), dall’altro un account digitale può contenere informazioni che il defunto non avrebbe voluto condividere nemmeno post mortem. Inoltre, aprire interamente l’archivio digitale di una persona defunta potrebbe violare la privacy di altre persone vive. La normativa italiana prova a bilanciare la cosa, consentendo l’accesso per “ragioni familiari meritevoli” ma mantenendo un’opzione di veto da parte dell’individuo (se espressa in vita). Tuttavia, nella pratica spesso non si conoscono le volontà del defunto su questi aspetti. |
Consapevolezza dell’esistenza dei beni | Gli eredi potrebbero non avere consapevolezza dell’esistenza di beni detenuti in conti PayPal, in Wallet BitCoin o in altre modalità simili. I beni potrebbero finire al provider o andare persi per sempre. Oppure, potrebbe accadere che più familiari mettano mano ai beni digitali senza coordinamento: ad esempio uno potrebbe riuscire a entrare nell’email e prelevare file o fondi all’insaputa degli altri aventi diritto, creando conflitti. |
Aspetti burocratici e legali | Anche quando c’è la volontà di dare accesso agli eredi ci si scontra con iter non immediati. Alcuni servizi rilasciano solo parte dei dati per non violare condizioni d’uso. I tribunali di Milano, Bologna e Roma tra il 2021 e il 2022 hanno dovuto emettere ordinanze per obbligare Apple a collaborare con i familiari fornendo accesso ai dati su iCloud e dispositivi. |
- Avere conoscenza dell’insieme dei beni digitali e poter redigere un elenco-inventario completo
- accedere a dati e account protetti
- far valere i propri diritti ereditari di fronte a contratti e leggi pensati più per la privacy che per la successione
- gestire il tutto in tempi rapidi e con sensibilità verso la memoria del defunto.
Censire i propri beni digitali![]() | Il primo passo è redigerei un elenco (una sorta di inventario digitale) di tutti gli account, servizi online, beni digitali nonché, se non fossero in cloud, i dispositivi sui quali risiedono; oltre che a un elenco dei dispositivi stessi. Questo elenco servirà da guida per gli eredi, ma anche per il titolare stesso in vita dei beni, per capire cosa richiede misure particolari. L’inventario digitale deve essere aggiornato periodicamente e non dovrebbe circolare liberamente ma esistere in forma riservata fino al momento opportuno. |
Decidere le sorti di ciascun account | Per ogni voce del patrimonio digitale bisogna chiedersi: cosa vorrei che accadesse a questo account/dato/bene digitale/dispositivo dopo la mia morte? Alcuni contenuti potrebbero dover essere tramandati ai familiari (come le foto di famiglia o i documenti patrimoniali), altri eliminati per tutelare la privacy di tutti (per esempio le conversazioni private o gli account inutili), altri ancora mantenuti attivi come memoriale (c’è chi preferisce che il proprio profilo social resti come pagina commemorativa). Si potrebbe anche scegliere chi dovrà ricevere o gestire un certo bene digitale: designare un erede specifico per le criptovalute, un familiare che abbia le foto, un collega che prenda in mano la gestione di un sito web professionale, e così via. Questa fase è del tutto personale, dipende dalle circostanze e dovrà essere coordinata con le disposizioni testamentarie generali, se esistenti. |
Adottare un Password Manager con funzione di emergenza![]() | Un metodo efficiente per gestire molte credenziali è usare un password manager (come 1Password, LastPass, Bitwarden, ecc.), cioè un programma che salva in modo cifrato tutte le nostre password sotto un’unica master password. Alcuni di questi strumenti offrono opzioni utili quali la possibilità di indicare un contatto di emergenza che possa ottenere l’accesso all’account del password manager dopo la morte o incapacità del titolare (previa attesa di alcuni giorni e mancato intervento di diniego da parte dell’interessato). In pratica, è come una cassaforte digitale che si apre agli eredi designati al momento opportuno. Se ben configurato, permette di trasmettere in un colpo solo tutte le credenziali senza doverle elencare singolarmente in un testamento (il che sarebbe rischioso in termini di riservatezza, dato che i testamenti diventano pubblici agli eredi). Un’alternativa più semplice (ma meno sicura) è usare il gestore password integrato nel browser o nel telefono e assicurarsi che un familiare conosca la master password o il PIN del dispositivo: così, avendo accesso al dispositivo sbloccato, potrebbe recuperare tutte le password salvate. |
Redigere un testamento digitale![]() | Dal punto di vista legale è possibile (e consigliabile) includere nel proprio testamento olografo o pubblico alcune disposizioni riguardanti i beni digitali. Si può, fra l’altro: - nominare un erede digitale o un esecutore testamentario digitale incaricato di occuparsi specificamente di account online e dati - elencare i principali asset digitali e dichiarare la volontà che siano tramandati (o cancellati) - allegare all’atto un documento separato con le credenziali principali; attenzione però: scrivere le password direttamente nel testamento potrebbe non essere prudente, sia perché il testamento potrebbe essere pubblicato e consultato da vari soggetti, sia perché le password cambiano. Molto meglio indicare nel testamento chi avrà il compito di gestire i propri archivi digitali e magari fare riferimento a un documento depositato altrove. Una soluzione adottata da alcuni è il cosiddetto legato di password: nel testamento si lascia in legato un supporto (ad esempio una pen-drive, oppure le credenziali di un password manager) contenente tutte le chiavi di accesso, da consegnare a una determinata persona. - prevedere un mandato post mortem: una sorta di incarico che l’utente dà a qualcuno di fiducia (anche un professionista) affinché, dopo la sua morte, esegua certe azioni, come chiudere account, inviare un messaggio di commiato a tutti i contatti, scaricare dati e consegnarli ai familiari, ecc. Questo mandato post mortem exequendum non è formalmente disciplinato dalla legge, ma è stato riconosciuto in giurisprudenza come valido se inserito in un testamento o come scrittura privata con condizioni attivate dalla morte. |
Comunicare e aggiornare le persone fidate![]() | Un piano di successione digitale funziona solo se chi dovrà attivarlo ne è al corrente. È bene identificare almeno una o due persone di massima fiducia (ad esempio il coniuge, un figlio adulto, un fratello, un socio di azienda o un amico di provata affidabilità) e informarli dell’esistenza del piano. Senza entrare nei dettagli (se non si vuole), si può far sapere: “In caso mi succeda qualcosa, contatta il notaio X che ha una busta per te” oppure “troverai le mie volontà digitali in questo luogo/con questo metodo”. Anche l’esistenza di un contatto erede su Facebook o di un account Google predisposto andrebbe comunicata (“ti ho inserito come persona di fiducia su Google, riceverai istruzioni se il mio account diventa inattivo”). Importante è infine mantenere aggiornate le disposizioni: le password cambiano e la vita digitale è dinamica, quindi la pianificazione va rivista periodicamente. |
Considerare la sicurezza delle informazioni![]() | Nel predisporre tutto quanto sopra va tenuto presente il rischio opposto: non si vuole che, nel tentativo di facilitare gli eredi, le informazioni sensibili finiscano nelle mani sbagliate, né mentre si è ancora in vita né dopo. Alcuni consigli: - conservare l’elenco di beni digitali e le istruzioni in forma cifrata (magari consegnando la password ad un professionista o familiare di estrema fiducia); - scegliere contatti erede e fiduciari che abbiano competenze digitali di base e che siano davvero affidabili; - evitare di inserire nei documenti troppi dettagli che possano essere sfruttati da malintenzionati; - in genere, usare la stessa cautela che si userebbe nel gestire il patrimonio finanziario, applicata però al patrimonio informativo. |
” [3] Gli stessi Notai hanno evidenziato la necessità di pianificare la successione digitale: il Consiglio Nazionale del Notariato ha pubblicato linee guida (un “decalogo” sull’eredità digitale) incoraggiando i cittadini a inserire nel testamento indicazioni sui propri account e a nominare eventualmente un esecutore per l’eredità digitale, oltre che a sfruttare strumenti tecnologici per custodire le proprie volontà.”